Dici ulivo e dici Mediterraneo, non c’è storia. O, meglio, la storia c’è ed è antica, antichissima. Già settemila anni fa le campagne in Oriente vantavano le chiome argentee degli oleastri che opportunamente innestate diedero il via alla coltura olivicola. Alberi forti il cui succo dei frutti fu apprezzato per dar nutrimento, salute, bellezza, medicamento per le ferite, luce e calore per la casa. Il merito della diffusione di questa pregiata merce nell’Occidente antico, però, è dei romani grazie ai quali si sviluppò un intenso commercio in tutto l’impero.
Cogliendo quindi quell’eredità perpetuata ed esponenziata nei secoli, oggi nel Mediterraneo tutto, in un clima ben temperato, si concentra la maggior parte della produzione di olio di oliva: il 95%, mentre il restante cinque appartiene all’Australia, Sudafrica, California, Nuova Zelanda, Messico, Argentina, Cile e Perù. Nell’areale geografico che fa da cornice al Mare Nostrum, dal 35° al 45° parallelo di latitudine nord,Olea Europea Sativa, famiglia delle oleacee, vanta la bellezza di oltre settecento varietà chiamate “cultivar”. È la Spagna a detenere il primato di produzione seguita immediatamente dall’Italia con oltre 400 “cultivar”, forse il maggior numero di varietà di olive, e il più alto numero di marchi a denominazione. E come l’Andalusia nel sud della penisola iberica dove ogni anno si produce quasi l’80% dell’intera produzione spagnola di olio d’oliva, anche in Italia la maggior parte della produzione, circa il 90% di quella nazionale, si concentra nel meridione tra Calabria, Sicilia e Puglia.
In quest’ultima la produzione, che tocca il 38%, si estende su una superficie di 370mila ettari con quasi 60milioni di alberi. Ogliarola garganica, Paranzana o Provenzale, Rotondella, Coratina, Cima di Bitonto o Ogliarola barese, Cima di Mola, Leccino, Frantoio, Cellina di Nardò o Saracena, Picholine, Ogliarola leccese o salentina sono le varietà di olive più diffuse nella regione rappresentando il risultato di una lunga e lenta selezione naturale che nel corso dei secoli, unitamente a un progressivo adattamento e alle varie tecniche di potatura per rendere più facile e pratica la raccolta, ha reso lecultivar una diversa dall’altra con proprie caratteristiche di tipicità oggi riconosciute dalla normativa Cee in vigore sulla Denominazione di Origine Protetta (n. 2081/1992).
Un patrimonio naturale, paesaggistico ed economico l’enorme uliveto Puglia dal Gargano al Salento che, proprio nel Tacco d’Italia, da ben due anni è vessato dal batterioXylella e dalla sua relazione con il Cdro (Complesso del disseccamento rapido dell’olivo). Tra polemiche, movimenti di protesta, pareri scientifici e accademici, disposizioni del ministero dell’Agricoltura, drastiche misure di contenimento, un piano d’intervento del Comitato fitosanitario di Bruxelles d’intesa del nostro Governo e con la Commisione europea, l’epidemia oltre che tra le chiome arboree è esplosa soprattutto tra coltivatori, ambientalisti, organi e apparati dello Stato. Un vero e proprio marasma di allarmismi urlati ai quattro venti, preoccupanti quesiti aperti, risposte decisamente tardive e vaghe, dolorose eradicazioni, teorie complottistiche su interessi di multinazionali Ogm, produzioni olivicole concorrenti di altri paesi mediterranei, volontà avverse di affondare l’immagine della più turistica regione d’Italia, speculazioni edili di immobiliaristi che vogliono cementificare il Salento. Ce n’è davvero per tutti in questo caos dove, nella “biodiversità” delle espressioni del comune senso di appartenenza e protezione, a far scendere un attimo di silenzio ci ha pensato la magistratura. Il procuratore capo di Lecce Cataldo Motta, dopo un’attenta indagine dei suoi pm, ha iscritto nel registro degli indagati – esautorandoli – dieci persone, predisposto sequestri preventivi delle piante sospette destinate al taglio, sospeso l’uso massiccio di fitofarmaci per cure affatto risolutive, e dichiarando che «L’Unione europea è stata tratta in inganno con una falsa rappresentazione dell’emergenza Xylella fastidiosa, basata su dati impropri e sull’inesistenza di un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccamento degli ulivi».
In una chiara ed evidente summa che sottolinea la poca conoscenza del problema, mentre la stessa Procura ha invitato a «un confronto scientifico vero sulla materia» che auspica una ricerca su più fronti per l’individuazione di una cura, anche e soprattutto attraverso un responsabile agire politico, delle istituzioni e della scienza, bisogna sottolineare che i disseccamenti imputabili alla Xylella si sono verificati tra alberi trascurati, in alcuni casi abbandonati da anni. Motivo per cui i coltivatori dovrebbero recitare un mea culpa per non aver curato, a partire dalle elementari tecniche di potatura fino all’uso sconsiderato di pesticidi (tra tutti il diserbante glifosato) per preparare i terreni (molti non sono arati da anni) alla raccolta, piante che hanno attraversato i secoli contro ogni tipo di avversità.
Tutte le volte che torno in Puglia, nella mia Puglia, non appena supero il confine, c’è sempre un ulivo ad attendermi. Fiere pietrificate da chissà quale incantesimo, un esercito di sculture fantastiche modellate e lavorate in maniera certosina dai venti, pioggia, salsedine, gelate d’inverno e dal caldo torrido dell’estate. Saggi patriarchi, madre, padre, ricchezza, dignità, storia, amore, forza e ostinazione. Questo e molto altro è l’albero simbolo dei miei padri, l’eredità dei miei padri, che ci ha insegnato, proprio come le “formiche di Puglia” di Tommaso Fiore, l’alfabeto del sacrificio, dell’operosità, della vita a suon di venti e aria salsa, sole forte e cori di cicale. In pieno terrorismo mediatico, mentre tutti urlavano Xylella generando un “mamma li turchi” batteriologico, è stato profanato il silenzio che gli ulivi esprimono da secoli e soprattutto la loro bellezza, magica irreale senza tempo come i bestiari del romanico e del barocco delle ardite cattedrali. Partendo da queste considerazioni è nato Mare d’argento (prodotto dall’abruzzese Nardis Production e dalla campana Brain Digital), una mia personale celebrazione di questo straordinario e unico teatro naturale attraverso il linguaggio del realismo magico, una sorta di rimando alla letteratura sudamericana traslata in chiave cinematografica. Insieme a chi ha sostenuto il film – mi pare giusto indicare i patron delle incantevoli masserie Torre Coccaro, Torre Maizza e Borgo San Marco a Fasano (Br), e i food brand Agricola del Sole e Selezione Casillo a Corato (Ba) – abbiamo preferito dissociarci dai cori negativi e declinare l’attenzione sulla risposta emozionale che un viaggio in Puglia, tra le distese di ulivi, può generare. Noi pugliesi siamo ulivi, cresciamo con essi e sullo sfondo di questo teatro naturale attraversiamo il nostro tempo nutrendoci dai loro frutti attraverso l’olio extravergine di oliva, sfido a trovare un nativo dal Gargano al Salento che ovunque sia non abbia una bottiglia del nettare d’oro in casa. Questo film non cerca di cantare un mondo che non c’è più affidando al cinema una memoria in via di estinzione. Tutto quello che Mare d’argento contiene esiste, vivo e vegeto come le chiome “sane” dei nostri alberi. Bisognerebbe solamente avere un po’ più di poesia negli occhi e capire che ciò che abbiamo è una miniera di bellezza, il più prezioso tra i minerali, da esplorare con la liturgia del viaggio… rigorosamente da iniziare esclamando nel nome del padre!
Carlos Solito
(Fonte – http://nova.ilsole24ore.com/esperienze/ulivi-ispirazione-naturale/?nmll=2707)