Si chiama Borgo Faraone Vecchio, perché più a valle è sorta negli anni ’70 la parte nuova, dove alla spicciolata vi hanno trovato residenza gli antichi abitanti. Si chiama Borgo Faraone Vecchio, ed è un esempio di come le bellezze architettoniche del passato non riescano a trovare quella dignità che meriterebbero.
E già perché questo non è un villaggio qualunque, ma rappresenta fedelmente un periodo storico importante per la nostra regione. Lo raccontano gli edifici, le fortificazioni, la chiesa, le torri: siamo in piena età longobarda quando l’Abruzzo apparteneva al Ducato di Spoleto. Proprio la posizione strategica per il controllo dell’antica via Metella, una strada che a 35 miglia da Roma si staccava dalla via Salaria per raggiungere il litorale abruzzese attraversando la Valle del Vomano, permise a Borgo Faraone di diventare un centro abitato non di secondaria importanza. D’altronde per comprendere i fasti che furono, basta aggirarsi tra le stradine della fortificazione: fregi, palazzi, decorazioni, bastioni, testimoniano secoli di vita vissuta, storie di nobili e villani, di cavalieri e dame.
Oggi però è la desolazione a farla da padrona. Il Borgo Vecchio fu definitivamente abbandonato a seguito del Decreto del Presidente della Repubblica 23 febbraio 1952, n. 424, a firma Luigi Einaudi, che stabilì il dislocamento in nuova sede urbana. Lo spostamento degli abitanti di allora si rese necessario sia a causa dell’evento sismico che nel settembre del 1950 aveva colpito il paese e sia per l’accentuarsi del movimento franoso che coinvolgeva l’area dell’abitato, rendendo insicure e inagibili le dimore di Faraone.
Da allora il lento e inesorabile declino che fa di Faraone Vecchio un borgo dimenticato, ma che non cancella le tracce di un passato glorioso. Inutili finora sono stati i tentativi di recuperare il patrimonio edilizio e architettonico del paese, che potrebbe rappresentare un volano decisivo per lo sviluppo turistico del territorio della Val Vomano. Sarebbe opportuno che chi di dovere si interessasse a questa importante pagina della storia abruzzese, magari intervenendo con un’opera di riqualificazione della superficie, con la rimozione delle erbacce, una segnaletica adeguata e la messa in sicurezza degli edifici di maggior pregio. Come ad esempio la Chiesa di Santa Maria della Misericordia e il cosiddetto «palazzo baronale» appartenente ai ricchi baroni Ranalli, antica famiglia nobiliare di origini neretesi.
Di lavoro ce n’è tanto e le risorse sono poche: in primis però va recuperata la dignità storica di un posto unico, e non solo in Abruzzo.
Il link del video di Icaro Droni del borgo: http://www.stradadeiparchi.it/wp-content/uploads/2016/10/faraone-vecchio-SantEgidio-TE.mp4?_=1